di Dante Cruciani
[nota della redazione: dopo Fango, ecco la nuova Istantanea di Sanjuro: sette testi dedicati alla Crisi!]
Ombre schincheniche solcano l’arancio pallido del tramonto, con i gomiti lontani dal corpo e i ginocchi allungati; attraversano i corridoi dell'ufficio, dagli ascensori alle Ande. Uno dopo l'altro, si spengono i neon negli open space. Resta il lucore dei monitor, lo sforzo incessante delle fotocopiatrici e l’orrore della polvere che spiove a ogni respiro dalle cime degli armadietti. Nel silenzio, l'asma bronchiale del riscaldamento invade l'ambiente - o è il fischio del vento che si imbùta tra gli infissi e ulula? Nel bagno al sesto piano, quattro ingegneri tubercolotici in sedia a rotelle bevono il thé in bicchierini di plastica, e osservano il bassorilievo nitidissimo del Monte Rosa, in lontananza, tra le Prealpi. “E anche questo,” sbuffa il primo, mentre balugina un calzino bianco, “è stato uno dei luoghi ridicoli della terra”.
“C’hai dieci cent?” mi chiede il tecnico dell’ufficio tecnico, con la mano piena di monetine, “hanno aumentato il prezzo della schiacciata al rosmarino, 'sti stronzi”. Rimesto il portafogli, in cerca di un tintinnio. Ha gli occhi tiroidei, le guance scavate, e un ciuffetto da rinoceronte. Gli allungo i soldi, senza alzarmi. "Questo ci vorrebbe, sai," dice col riflesso del tramonto nelle pupille, "la Rivoluzione. Col mitra! Ma qui... qui si lamentano e basta," scuote le spalle. "Son tutti pasciuti", aggiunge, infilandosi le monete in tasca.
Ciondola a scatti tra le scrivanie vuote, come chi ha qualcosa di urgente da fare, ma non vuole. "Hai sentito di Nico Viessibrullo?" Tra i palazzi, alla finestra, brucia l'arancione più vivido. Il tecnico beccheggia un poco. Io mi sento la faccia levigata dalle radiazioni del monitor. Dice: "E' morto".
"E chi è?" chiedo.
"Nico Viessibrullo" risponde, "l'attore".
"Mai sentito" rilancio, mentre cerco su Google immagini.
"Se vedi una foto, lo riconosci, sicuro. Ha fatto di tutto"
"Ah" dico, ma la mia ricerca non ha prodotto nulla.
"È stato anche in America, sai. Ha lavorato con Scorsese".
"Ma pensa. E in che film?"
"Tutti".
Il tecnico ha un anello alla mano destra, con una pietra azzurra, opaca. La batte sulla fòrmica non del tutto a tempo, mentre si avvicina. "È stato uno dei nostri più grandi caratteristi, sai. Lavorava da quasi sessant'anni. Specializzato in cadaveri."
"Scusa?"
"Sì, dai, lo sai com'è nel cinema, son tutti superstiziosi. Nessuno vuole fare il cadavere. Solo Viessibrullo si è specializzato. Ha fatto da controfigura pure a Mastroianni, una volta."
"Ma sai qual è il vero problema?" domanda, sedendosi sul tavolo di fronte al mio. Il buio cola nella stanza e si appiccica alle pareti, alle occhiaie del tecnico che d'improvviso risaltano. Dice: "Era così bravo che la famiglia non capisce se è morto sul serio o se recita."
Lo guardo, come risucchiato: "Ma... ma perché dovrebbe recitare?"
"Per scherzo, no? Quegli scherzi che si fanno in famiglia.... D'altronde non sarebbe la prima volta." Si alza, con lo sguardo alla moquette. Dalla sua tasca risuona il rumore della sabbia quando le onde si ritirano. Ci devono essere molte più monetine là dentro di quelle che mi ha mostrato . "Negli anni '90 si è pure fatto seppellire, per vedere chi tra i suoi figli avrebbe dilapidato l'eredità..."
Guarda l'orologio. "E' meglio se vado" dice "ti ho importunato anche troppo. Avrai da fare" e si incammina verso l'ascensore.
"Aspetta..." dico, "Ma tu che ne sai?"
"Eh" sospira, alzando il palmo della mano, "io leggo".
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