Vitaliano Trevisan, I quindicimila passi, 2002 Einaudi Stile Libero
e con un accenno affettuoso a Giuseppe Genna, Grande Madre Rossa, 2004, Mondadori Strade Blu
Della lettura de IQP.
[...] perché esalta l'ego, che non ne avrebbe gran bisogno,
però lo esalta, ancora di più.
VT, cfr. più avanti
Più a livello di percezione, che di effettivo pensiero, mi chiedevo, durante la lettura dei I Quindicimila Passi [IQP] - e sempre con maggiore insistenza, me lo chiedevo, man mano che la lettura procedeva - il motivo per cui questa cosa dei passi contati, che credo avessero - nell'intenzione dell'Autore - il compito di fortificare una rappresentazione di involuzione cerebrale, di pensiero ridondante, di riflessioni concentriche e ansiogene eccetera - ad esserne materializzazione, diciamo - cioè [uff], ricominciamo.
Il protagonista de IQP conta i passi che impiega a raggiunger' luoghi, e li annota, e li confronta: è la sua prassi fisico-mentale. Il movente del libro è questa lunga camminata risolutiva, lunga appunto - in stima del protagonista - quindicimila passi. Eppure l'indicazione dei passi, che appare nel libro come un numero tra parentesi (701p), c'è solo in una specie di prologhétto, all'inizio, e qualche volta, sparsa - troppo sparsa - in giro, e sempre e solo - mi pare - in proiezioni del protagonista, od in ricordi di precedenti camminate. Eppure, tutto il libro è pippotto pensato, pensato dal protagonista nel corso di questa lunga camminata. Fattostà che mentre leggevo, ed il protagonista passava per luoghi, mi tornava naturale chiedermi come mai non fossero effettivamente annotati, questi passi, questi conteggi-passi, tra parentesi, e mi dicevo che le notazioni avrebbero in-qualche-modo dato più rotondità all'involuzione, alla ridondanza e alla concentricità ansiogena; e avrei dato in cambio, per queste notazioni - che ad un certo punto percepivo addirittura come fondamentali, e quindi mancanti, e quindi il libro zòppico - avrei dato in cambio tranquillamente quelle sei citazioni riportate in nota, e che scoiperchiano ancora di più, forse, certi debiti.
Anche mi chiedevo, arrivato ad un pippone-nel-pippone - un monologo astioso che il fratello del protagonista fa, durante una cena, contro l'architettura e gli architetti e i geometri-poi-laureati-in-architettura, e che è una delle parti del libro con le quali mi trovo più in accordo, en absolu, concettualmente - raggiunto questo pippone-nel-pippone, resocontato dal protagonista, anche mi chiedevo come mai, come mai ci fosse questa buona ricostruzione dei giri cerebrali del protagonista, mentre la resa d'un monologo, come appunto questo del fratello, suonasse falso, innaturale: come una filippica trascritta e infiorettata, distante insomma da un pippone come-potrebbe-essere-fatto-nella-realtà.
Buona ricostruzione dei giri cerebrali. La forbice dei commenti a IQP, su anobii, va dalle cinque stellette di un Lì per lì un bel pugnone nello stomaco [...], all'una stelletta de Un meschino plagio della scrittura di Thomas Bernhard [...]. Ecco. Se lo leggi dopo aver letto Bernhard, questo libro - già: meglio di no. Ma davvero, meglio di no. Un piccolo brivido, quando nei succitati commenti anobiani compare un Originale la scrittura di T.
Certo.
[guardate qua!]
Siparietto: La via della memoria.
Mi ricordo il duemilaetre: un ciclo di incontri di mediamente giovani scrittori italiani contemporanei a Padova - si chiamava, il ciclo, Letteratura come verità. Era il mio timido avvicinarmi al sistema dei giovani scrittori italiani contemporanei, del quale non sapevo nulla: ed era il mio timido avvicinarmi a una confusa idea di scrittura come atto sociale. Una sera lèsse Trevisan. Mi stupii del fatto che, prima della lettura, mentre si introduceva, lo scrittore mi détte l'impressione fortissima d'essere deficitario di qualcosa: l'impressione tangibile della mancanza di una sbrancata di connessioni tra intelligenza, evidentemente presente, ed espressione di questa, non lo so: una cosa del genere. Mancanza che poi in qualche modo spariva, in lettura. Fosse natura o fosse posa, non lo so; contribuì però a' miei pregiudizi.
Bón. Simboli?
Sempre su anobii, il commento del collega-redattore Gualtiero bècca quella che è invece la sfumatura migliore de IQP: certe note paesistiche, diciamo, a riguardo dello strazio accaduto alla provincia vicentina negli ultimi cinquant'anni - la lettura di strazio che un veneto può, per gradi diversi, applicare alla provincia veneta [quasi] intera. Davvero, son note per nulla malvagie. Per converso, sono invece pallidi gli attacchi alla Chiesa e al cattolicesimo: ambito nel quale, dài, nel 2002 si può ambire a cose più raffinate, e ficcanti, e dure, ed esposte.
Comunque. Qualche sera fa facemmo riunione redazionale, qui a Sanjuro. Io resocontavo le mie recenti letture di libri italiani contemporanei di merda, come li chiamo affettuosamente [?]. Mi sono scagliato contro l'ultimo libro letto - cfr. in futuro. Mi è stata citata, in cambio, una recensione di qualche anno fa, che lodava un passaggio di questo libro: definendo - ma mi informerò, prometto - la descrizione di un "incontro" sui generis come simbolicissima, toccante, e via così.
Non capisci i simboli, mi hanno preso in giro.
Così mi è venuto da pensare a questo - che può non sembrare attinente, a una prima lettura: ma vi risparmio i pipponi elucubràcei, e ve la butto là lo stesso;
[perché vi risparmio i pipponi?]
Mi è venuto in mente - ci sono spoiler, qui: attenzione! - che il protagonista de IQP, verso i tre quarti del libro - e della sua camminata di quindicimila passi e, quindi, del pippone mentale che ci stiamo sorbendo - scopre, ed esplora, il bizzarro progetto edile del fratello ad-un-certo-punto scomparso: una costruzione turriforme completamente trasparente, semicontenuta dalle due ali di un vecchio edificio abbandonato, in crollo, sui colli alle spalle di Vicenza. Più o meno in contemporanea, stavo leggendo Grande Madre Rossa (GMR) di Genna. GMR lo leggi - io, per lo meno, che non sono avvezzo e nemmeno interessato al noir - lo leggi, lo leggevo tentando di mantenere un contegno mentre attraversavo lo stile spezzatissimo e concatenoide [anche su questo tema, cfr. in futuro]; alle volte mi trovavo ad essere scivolato da una situazione ad un'altra, per disattenzione o deconcentrazione: ad un certo punto Guido Lopez, il protagonista, si trova, con stupore e costruzione di suspance e una similitudine un po' buttata lì, a camminare in un corridoio di vetro, ad attraversare porte di vetro, a finire in una stanza di vetro. Lascio alla scrittura di Genna [pag. 130] la chiusa, qui: l'a-capo è mio.
[...] Il soffitto è aperto: vetro infrangibile. La parete opposta a quella da cui si entra provenendo dal corridoio: vetro trasparente. Quaranta metri dal suolo.
Le cime degli alberi: verdebruno.
Vabbè.
È bello che questa rubrica si chiami SqualoPinguino in onore dei ghost-emoticon di facebook, qualsiasi cosa questo voglia dire.
RispondiEliminaf., il significato - neanche troppo nascosto - è solo leggermente ermeticamente descritto nell'introduzione a squalo pinguino
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