venerdì 26 novembre 2010

Opera e disonestà intellettuale spiccia del Re Censore

I requisiti per scrivere una buona recensione musicale
di Austino Attizzo


Una recensione musicale la si scrive prima di tutto senza necessariamente avere ascoltato bene il disco che si desidera recensire. A dire il vero non è necessario neppure averlo ascoltato tutto. Ma ancora più importante è tenere bene a mente che non è necessario essere esperti di musica, in quanto non sempre chi scrive belle recensioni  ha ascoltato un numero statisticamente significativo di dischi. Ma ancora di meno è necessario che il recensore detenga il sacro lanternino del buon gusto. Cioè, non intendo dire che chiunque desideri scrivere una recensione lo possa fare. Questo no. Infatti, per farlo occorre avere pur sempre alcuni requisiti. Imprescindibili, indiscutibili, indispensabili, irrinunciabili requisiti che testimoniano la capacità di suscitare il giusto grado di coinvolgimento durante la lettura della recensione. Questo perché generalmente tutte le recensioni musicali sono affollate degli stessi termini così come delle stesse espressioni, come ad esempio: album, traccia, storia recente, suono, ripetuti all’infinito,  intensità adolescenziale, fondamentale, amore dichiarato, eccetera eccetera. Il rischio per chi non detiene la giusta dose di “requisiti empatici” (diciamo così) è quello di affollare la propria recensione di cose prevedibili che poi finiscono per allontanare qualsiasi flusso abbordabile di lettori. Ma il requisito più importante è certamente quello di dare l’impressione che dietro una bella recensione musicale ci sia un autore grandissimamente e vanagloriosissimamente stronzo. Mi spiego meglio: se a scrivere una recensione sui The Jim Jones Revue, ad esempio, è un qualsiasi pappamolla preso a prestito dalle letture di Safran Foer, presto ogni degradante fluido incandescente emanato dalla musica dei The Jim Jones Revue perderà energia e tutta la sua forza dirompente. Dalla lettura della recensione devono trapelare umori e vibrazioni. La recensione deve per lo meno cercare di riprodurre in scala 1:1000000 le vibrazioni emanate dalla musica, altrimenti che senso avrebbe una recensione musicale? Occorre che l’autore di recensioni si senta parte in causa della musica, fino anche a immedesimarsi nella rock star di cui egli stesso scrive (considerando che è pressoché accertato che dietro ogni critico operante entro i confini di qualsiasi disciplina si nasconde un artista fallito in cerca di conquistarsi una piccola fetta di notorietà). Ah, e poiché la musica è frutto di uno sforzo anche seppure solo tecnico, è giusto pure che altrettanto sforzo ci debbano mettere coloro che così grande responsabilità hanno nella sua diffusione. Altrettanto importante è saper parlar male di un cattivo prodotto. Se non si è in grado di andarci giù di brutto è meglio neppure provarci, in quanto il confine tra l’esito drammatico di ogni singola nostra affermazione è sempre regolato dalla nostra capacità di evitare in ogni istante di cadere nel ridicolo. Quindi è bene essere dotati di quest’altro necessario requisito che consente di sostenere la propria opinione col giusto grado di coerenza e di faccia tosta nonostante l’evidenza contraria dei fatti.

3 commenti:

  1. Concordo parzialmente. Anch'io preferisco le recensioni "di pancia" piuttosto che le elucubrazioni. Non sono però d'accordo sulla frase "non è necessario essere esperti di musica, in quanto non sempre chi scrive belle recensioni ha ascoltato un numero statisticamente significativo di dischi". Io credo che chi scrive debba innanzitutto CONOSCERE quello di cui scrive. Troppe volte si grida al miracolo senza sapere che molte band sono la copia senz'anima di altri che facevano la stessa cosa, molto meglio, molto tempo fa.

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  2. Rilancio: anche chi suona dovrebbe ascoltare tanta tanta tanta musica. Si eviterebbero tante banalità che intasano il mercato e si guadagnerebbero probabilmente tanti bravi agricoltori che, appesa la chitarra al chiodo, si dedicherebbero ad attività molto più utili.

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  3. Rilancio: e mi sa che tanta tanta tanta musica dovrebbero ascoltarla tutti, punto: ché, insomma, limitarsi a "quello che passa il convento" forse comincia ad esser piuttosto limitante, specie con tutte le possibilità che i tempi contemporanei offrono eccetera; altrimenti, non è che vada a finire che uno si neghi - non "provando" cose - si neghi la possibilità di Risuonare un po' di più con il Creato? ;-)

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