di Lopizia Starna
Le categorie spopolano tra i giovani e meno giovani. Anche tra i vecchi e i meno vecchi. Tutti questi fanno parte di una più grande categoria, quella degli esseri, oppure di una più piccola, quella dei giovani o meno vecchi che amano discettare circa le categorie.
Io, ad esempio, faccio parte di quella categoria che ama le categorie, in modo consapevole. Ci sono quelli che non le amano, e sono parte di un altro gruppo, oppure quelli che le amano (le categorie) ma non lo ammettono o almeno, non lo fanno consapevolmente.
Ognuno fa parte di una o più categorie le quali si basano sulle nostre somiglianze e sono un gran bel modo semplice di procedere. Anzi, ammetto di essere rapita dalle infinite possibilità di semplificazione che questa attività mi garantisce.
Che ne so, mettiamo che ci siano tanti uomini diversi, mettiamo. Quelli del gruppo A appartengono alla categoria bianchi, gruppo B, invece, neri. Gruppo C gialli, poi i rossi (gruppo D) e basta, come colori ci sono 4 categorie definite. Poi però si possono anche dare connotazioni varie. Per esempio, a caso, categoria B1: neri bislacchi e categoria B2: neri superdotati e bislacchi, B3: neri superdotati. Potrebbero esserci anche degli A bislacchi o A superdotati (raro), quindi potremmo creare anche la categoria degli A1 o A3. Oppure creare una categoria unica prescindendo dal colore quindi uomini bislacchi: categoria x, uomini superdotati: categoria y. Ad ogni categoria creata si può associare una reazione personale o di massa ben definita. Cat. B1 : disgusto cat. B3: interesse smodato, cat.B2: confusione.
Se la smettessimo di dare voce a questo sopravvalutato pluralismo e ci concentrassimo sulle somiglianze, potremmo comodamente fare nostro questo caos e redimerlo.
Faccio esempi concreti.
Dividiamo il mondo umano in due grandi categorie A:uomini B:donne. Poi assegniamo ad ognuna delle principali variabili un numero o una lettera per definirle in modo adeguato ed univoco. Ateo: 1, religioso: 2, religioso praticante: 3. Ricco: X Povero: Y. Eterosessuale: U, omosessuale: Z. Bianco: C, nero: D, giallo: E, rosso: F, e c’è anche marrone chiaro: G (me l’ero scordata). Aggiungiamo anche una connotazione geografica. Paesi poveri: H, paesi in via di sviluppo: I, paesi ricchi: L. Poniamo dei criteri. Che ne so B2XUCL può avere rapporti solo con A2XUCL. Mentre A1YZDH tendenzialmente dovrebbe limitarsi ad avere meno rapporti possibile siano essi di carattere umano o di natura commerciale. Con una piccolo sforzo, indicando la maggior parte delle relazioni possibili consentite sarebbe garantito un funzionamento perfetto della macchina globale. Aggiungerei un’ulteriore categoria, anzi una supercategoria chiamiamola OMEGA. Posta al controllo del corretto funzionamento del sistema e abilitata all’uso della forza coercitiva. Ah, è implicito il valore positivo di alcune categorie contrapposto al valore negativo di altre. Considerando una struttura occidentocentrica direi che i valori sono scontati e condivisibili.
Aggiungo solo che: è molto stancante e diciamolo, inutile, sprecare energie per decidere come agire di fronte ad una situazione inaspettata o, più in generale, ad una situazione. Se suona alla porta AGH ed io sono BCX con un solo piccolo e semplice sguardo alle relazioni consentite secondo i parametri corretti, so benissimo che non devo aprire, perché nessun tipo di relazione è consentita. Non devo affaticarmi e prendere in considerazione variabili che non sono menzionate tra le quelle possibili. AGH potrebbe avere molte ragioni per rivolgersi a me, potrebbe volere la mia morte o i miei soldi oppure consegnarmi un buono acquisto illimitato presso uno spaccio Malloni. Non ha importanza, non devo scervellarmi, posso continuare a bere il mio caffè. Tra l’altro, se questo sistema funzionasse non ci sarebbero ragioni per cui un AGH dovrebbe avere a che fare con il mio campanello. Nessuna relazione consentita.
Lavorando sulle semplificazioni si può vivere meglio. Non è uno scherzo, pensiamoci bene. Parola di Roberto.
se non l'hai già fatto, leggi l'idioma analitico di john wilkins
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