1. Era un blu profondissimo, il cielo. In cima al Pelmo, uno sbuffo bianco arzigogolava col vento, come un riporto che non volesse lasciarsi domesticare. I pini erano carichi di neve che talvolta scivolava a terra con un rumore di maracas. I nostri passi scricchiolavano verso il rifugio, verso il panorama, verso la salsiccia promessa, sulla strada battuta che scintillava al sole. C'eravamo fatti prendere dall'entusiasmo, la mattina, ed avevamo noleggiato le ciaspe; ma c'eravamo accorti che erano inutili troppo tardi per lasciarle in macchina. Mio fratello si era fermato qualche metro più in là, dietro la curva, per togliersele. Eppure era sbucato ancora con le racchette ai piedi, dopo dieci minuti che l'aspettavamo. "E quindi?"
Aveva alzato le spalle: "Eh, ormai, faccio più fatica a portarle a mano..."
2. Il passante che in questa grigia mattina del febbraio 2011 avesse aperto a proprio rischio e pericolo Il Cimitero di Praga, o il Prosciutto, come lo chiamavano gli spiritosi di poca fantasia (già centro di parodie becere non appena il titolo era trapelato, e più tardi luogo dello sputtanamento di giornalisti come Gad Lerner), si sarebbe trovato di fronte ad uno dei pochi bestseller italiani risparmiato dalle recensioni del barone D'Orrico, tra un groviglio di sintassi fintamente complessa, movimentata da tre font diverse tra cui il Bodoni, che qualche grafico ancora si ostinava ad utilizzare per connotare un narratore che si vorrebbe ottocentesco ma che invece è troppo erudito e gigionesco per giocare sul serio e sullo stesso piano con il lettore.
3. Forse non tutti sanno che esiste un'edizione crepuscolare dell'ultimo romanzo di Eco, anzi lapidaria: è l'edizione in tiratura limitata non veniale per i signori librai, in 300 copie, di un grigio brunastro, tendente al basalto, senza foto dell'autore, senza immagine di copertina (se non una specie di piccione in basso a destra) col taglio delle pagine dello stesso colore, il titolo in rilievo: raffinato, certo, cólto. Poi guardi meglio e ti accorgi che le segnature non sono cucite, ma fresate. Niente di male, eh, ormai le nuove colle viniliche hanno la meglio su tutte le impaginazioni, ma come dice Nanni Moretti, nella Messa è finita, alla padrona di casa che lo accoglie a pranzo: "Tu elegante, ma con le pantofole. Non ha senso!"
4. Lo sappiamo tutti, le recensioni sono un genere malinconico, per lo più scritte male, e tristi. E poi! col romanzo italiano contemporaneo (come ben sa chi segue Squalo Pinguino) è anche troppo facile trovare le magagne, basta utilizzare la scheda di valutazione dei libri che ci davano alle medie: riassunto, personaggi, trama. Back to basics. Esagerando: lingua, sintassi, struttura. A guardarli troppo da vicino, i libri italiani scricchiolano. Basterebbe che fossero onesti, mi dice mio fratello.
Chi? gli chiedo, mentre sudo in salita.
Quelli che ti noleggiano le ciaspe, no? dovrebbero avvertirti: con queste ci puoi andare qui, qui e qui; qua invece non servono.
Sì ma Eco? gli chiedo
Che c'entra l'eco? dice Non c'è eco qua. Senti - E urla
No - dico, tappandomi le orecchie - è un libro onesto, quello di Eco?
Mi guarda, con la bocca aperta.
E io penso: Mah – e poi penso: MAH.
5. Che poi è vero (ed è veramente vero: verissimo!) che se tu sei un lettore di Eco, lo sai a cosa vai incontro quando apri la Ciminiera di Praga. Non puoi non saperlo. Quindi in qualche modo, sì, è un libro onesto. Ma è un romanzo? O meglio è un romanzo fatto bene? La storia è questa [*SPOILER*]: un torinese dalla personalità scissa ama mangiare, e odia gli ebrei. Diventa falsario e falsifica documenti per i servizi segreti di mezza Europa, ma senza una qualsiasi motivazione precisa. Finisce in mezzo ad alcuni dei principali eventi storici dell'800, incontra un sacco di personaggi realmente esistiti (trattati da Eco come delle macchiette, con un uso criminale del pastiche e di quel sottogenere mai abbastanza disprezzato che è l'intervista immaginaria, nella convinzione che basti la realtà storica per rendere vivo un personaggio); partecipa a riti satanici e omicidi, fino ad arrivare a un (fintamente finto: fintissimo!) colpo di scena, degno di uno dei peggiori film di Shyamalan, tipo non so, quello nella piscina con la sirena e Barney Panofsky, o quello dopo. Insomma, basta questo per capire che no, non è un romanzo fatto bene; è un saggétto atteggiato a feuilleton, e quindi, in qualche modo, no, non è neppure un libro onesto.
(continua domani)
(continua domani)
Aspetto domani.
RispondiEliminaA(rba)sino