lunedì 15 novembre 2010

Fango - Cinque appunti non-buffi non-consecutivi e senza coda a riguardo di recenti avvenimenti, sedimentazione, e vita del Paese (parte 1 di 2)

[nota della redazione: inauguriamo con questo pezzo de Il Vostro una nuova rubrica di Sanjuro, Istantanea, nella quale l'intera redazione si misurerà, di volta in volta, in scrittura quasi diretta con eventi e temi  presi dall'attualità. Dalla prossima settimana ricompariranno alcune rubriche di critica già presenti sul precedente sito, e altri testi pensati appositamente per questo nuovo corso sanjuresco. L'Istantanea di questo mese riguarda, e non potrebbe essere stato altrimenti, il fango. Oltre ai commenti, è gradito e candidato alla pubblicazione anche ogni testo vi venisse voglia di mandarci (la nuova mail è sanjuro.blogATgmail.com). Buone letture.]


§1
A Vicenza, poco discosti dal centro. In un cantiere d'archeologi si tagliavano trincee strette e corte nel terreno demolito di fresco: un triangolo edile messo a sperone contro il Bacchiglione; la chiesa a due passi, un capitello alla madonna [pienamente acconcio, in questa città iperdulìaca], un quieto ponticello di mattoni a chiudere la contrà. Tra l'infinita varietà di terricci e tèrre e suoli marroni che le trincee esponevano risaltava a un certo punto - a poca profondità rispetto al piano-di-campagna - una fetta di suolo viola d'un viola intenso e, a seconda della luce del sole, quasi, anche, sbrilluccicante di cristallini; e questo strato viola si disgregava in pepitoni giusto-appena coerenti che poi si sarebbero sbriciolati e, in fine, polverizzati. C'era un laboratorio orafo, qui, ha detto il perito geologo in visita, sono gli scarti della lavorazione dell'oro: è tutto arsenico. Qui in città ce ne sono centinaia, di aree così. Gli abbiamo chiesto, un po' preoccupati, se, cioè-: magari una mascherina, almeno? No no, ha detto lui: se non si alza troppo vento, non c'è problema.

§2.1
Andando a lavoro in non-sospetti tempi pre-alluvione percorrevo westward la SR10 - Ospedaletto, Saletto, Megliadino eccetera - e nonostante tutto l'amore
[eh?]
nonostante l'affetto che posso provare per la mia regione [cfr. poi, in seguito alla catastrofe, come fosse tangibile - nei social forum, nei blog, eccetera - un diffuso disprezzo - fastidio? tedio? - degli italiani altri, nei confronti del Veneto], non potevo fare a meno di osservare - con l'occhio di fine geomorfologo, certo; ma anche con quello a-portata-di-tutti del buonsenso - come Tutto sia costruito in basso, o giù, o dentro, o sotto: l'asfalto sul quale si viaggia più alto, sempre, del resto circostante.

§2.2
Poveri corregionali miei, dilacerati tra’l connaturato e genetico Fàsso tuto mì, e il dover piagnucolare – mostrare i gelosissimi interni di case ‘sassinate dall’acqua, dal fango: scostate, in fine aperte le porte blindate, e scostati i muretti di cinta, i cavalli di frisia… – il dover lamentare, quindi, ché altrimenti denari non usciranno dalle Règie Casse di Nostro Stato dell’Euro Trafitto; e la confusione, in questione etica e coltivata nei decenni: Siamo italiani, Non siamo italiani, Siamo tutti italiani, ma qualcuno è più Italiano di altri? Chi è che lo è, italiano? Ma italiano a chi? A culo l’Italia. Però, i soldi d’Italia. E via dicendo.

§2.3
Where is your àmbito golenale now?

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