mercoledì 30 marzo 2011

Squalo Pinguino!, 2 (prima parte)

de Il Vostro

Giuseppe Genna, Grande Madre Rossa, 2004 Mondadori Strade Blu
e con un accenno a Babsi Jones, Sappiano le mie parole di sangue, 2007, Rizzoli 24/7

Non sono uso leggere noir, gialli, thriller: non ho il gusto dell’intreccio, né della scoperta de’ trama. Non mi interessano i giochetti: non-mi-in-te-re-ssa-no-i-gio-che-tti. Mi tediano le figure archetipiche che popolano noir e gialli eccetera: e ugualmente mi tediano le variazioni alle figure archetipiche: e più ancora mi tediano le figure archetipiche così originali o stravolte da risultare anarchetipiche – quasi.
Attorno alla fine dell’anno scorso mi ritrovo incastrato dentro un attacco di - chiamiamolo così - Binge Reading Disorder [BRD], durante il quale costruisco sul pavimento della mia stanza una colonna di libri italiani contemporanei mediamente atroci: e comincio a leggerli, tutti, contemporaneamente, ingordo, e a spizzicarne pagine – paragrafi, incipit, righe – in un evidente tentativo di capire, e di farmi male nel processo. Questi libri sono pressoché-tutti prestiti di biblioteche civiche, o amici: questi’ultimi godendo molto, all’atto del prestarmeli. Eppure la vera sorpresa di quel mese vorace e incasinatissimo è Grande Madre Rossa [GMR], che spunta fuori da dimenticata mensola tutto impolverato, e carico di ricordi.

[i ricordi sono questi: era una specie di forma embrionale di una prima idea di fare l’esperimento di provare a tentare di costruire un organismo di critica letteraria stronza – eh? – e in una stanzicola fatiscente arredata con scarti di mobilia anni settanta, che chiamavamo affettuosamente La Base, mangiavamo cose direttamente dai barattoli, dai vasetti, e bevevamo birra e parlavamo male di libri e scrittori italiani contemporanei: e leggevamo le prime cinque pagine di GMR: stupendoci.]

Mi infastidisce anche, nella scrittura, l’uso di modalità – ma anche della sola terminologia – mutuate dal linguaggio di cinema e televisione: le zoomate; i piani delle riprese; le prime cinque pagine di GMR.
Comunque.
Spunta fuori GMR, e irresistibilmente m’attrae, ed io all’attrazione rispondo: e lo inizio: e in due giorni, tre al massimo l’ho finito. E mentre lo leggo – ogni tanto, ogni due o tre pagine infilavo un dito tra le pagine a far da segnalibro, chiudevo il libro, me lo giravo nella mani e guardavo la foto dell’Autore, in quarta di copertina – tutta, la quarta di copertina – e la foto mi guardava di rimando, un po’ luccicante di sudore, i capelli corti neri quasi da cinese; e le dicevo, alla foto, sospirando: Giuseppe, Giuseppe. Insomma: mentre lo leggevo, qualcosa intanto cominciavo a capire: qualcosa del ritmo, forse, più che del senso dell’intreccio, o della struttura stessa del libro. Qualcosa che stava, quasi solamente, nell’accumulo di cose velocissimo – dove le cose, lì, erano azioni, e dettagli d’azione: e velocissimo, quest’accumulo, non solo in sé: ma anche per stile. Così frasi brevi, brevissime: e punteggiatura mitragliatricoidèa. Concatenazioni di due-punti. Piccole ripetizioni – anche solo di singole parole. Blocchi interi a reggersi senza verbi. La e a inizio frase: a inizio paragrafo, magari. Tanti accorgimenti, insomma, a sparare fuori un ritmo in effetti vorticoso: intrigante.
E questa è una cosa.

(continua)

2 commenti:

  1. :)
    Ma anche a essere stronzi non si è stronzi mai, se si è critici. Però è questa cosa del ritmo, che se è riuscita, davvero, mi fa felice. Poiché la narrazione non è più cosa solamente dentro il linguaggio, ma in te che lo percepisci e in me: lo stesso luogo e un minimo di respiro. Almeno: io leggevo così la poesia e leggo così molta prosa. Però è tutto altamente idiosincratico e comprendo benissimo le riserve (sul faccione pure, uno non sceglie la confezione... :[).
    gius

    RispondiElimina
  2. àye!
    sì, la cosa del ritmo, è evidente, c'è; ed è la cosa - più che la trama - che mi ha imposto di finire GMR. Poi vero, hai ragione: è campo altamente idiosincratico - io, per dirne una, ho allergia delle trasposizioni, per linguaggio e forma, dall'ars cinematografica - eppure boh, dopo aver lavorato alla scrittura per un po', ho cominciato capire che una forma più... più "profonda" di ritmo sta alla base di tutto: ed è, credo, "ritmo" nel senso di metrica, sì, e battuta, e pulsazione: ma anche e forse soprattutto di portare per manina [od a scarpate, perché no] il lettore da qualche parte, sul movimento di quello che tu chiami, credo, respiro.
    grazie per il commento

    RispondiElimina