venerdì 31 dicembre 2010

Distinta Sanjuro - Le quindici peggiori gallerie fotografiche di Repubblica.it

di Gualtiero Bertoldi e Dante Cruciani


15 - Il tuffo sottozero
L’anno inizia con una galleria che dà il tono delle foto di repubblica.it, e che illustra nel migliore dei modi il probabile diktat redazionale che vige sulle selezioni fotografiche (il quale più o meno deve suonare così “qua si pubblicano foto di balordi e culi mosci”). In particolare la seconda e terza foto innescano una sequenza di irresistibile flaccidità.

14 – La bambola gonfiabile
Sesso? C'è. Fetish inquietante? C'è. Velata degradazione della donna? C'è. Vi abbiamo appena presentato gli ingredienti fondamentali per comparire nelle gallerie fotografiche di repubblica.it a colpo sicuro. Attenzione alla terza foto, in cui viene introdotto un personaggio a sorpresa!

13 – SONO MATTI QUESTI MUSI GIALLI
Da notare la foto 11, dove appare un robot con la testa di donna a metà tra una sculacciatrice e un ventilatore.

12 – Prova con questo
Bisogna provare il nuovo stile grafico delle gallerie di repubblica.it? Nessun problema - fate inserire allo stagista una decina di foto a caso (tipo, che ne so, il proprio gatto, l'Inter, Silvio Orlando, la modella figa, il bagagliaio della macchina del caporedattore etc) e poi dimenticatevi di cancellare la galleria di prova. Un posto nell'olimpo del post-giornalismo non ve lo leva nessuno.

11 – La panchina lunga
È l’emblema delle gallerie di repubblica.it: foto raccattate a cazzo, di provenienza e qualità diversa senza un vero significato se non quello di fare concorrenza ai servizi del tg1.

10 – Esiste e lotta fra noi
Nessuna pruderie, nessuno scoop, nessun personaggio; il tentativo di repubblica.it di fare gossip spara ad altezza Nonna e sceglie una protagonista che non sa neppure mimare una sbronza per riuscire a finire sui giornali normali.

9 – This looks shopped
Senza alcun senso. Il filone photoshop però è abbastanza presente nelle gallerie. La questione è interessante: perché una sorta di rubrica di foto inutili, dannose, mezze false e fatte male talvolta si sente in dovere di mettere in allerta i lettori (sempre e naturalmente coperta dall’etichetta della curiosità…)?

8 - La grande vacanza
Tremonti in pellicciotto sulla slitta fa il paio con le foto, sul sito del ministero, di Frattini in vacanza.

7 – Tondo doni
La sagra dell'aberrazione da grandangolo. Che no, non rende le foto più drammatiche; no, non le rende più fighe; no, non le rende più d'impatto. La distorsione da fish-eye rende semplicemente le foto tonde. Foto tonde. Sant'iddio.

6 – What is this I don’t even...
Vogliamo (non) parlare della quarta foto? E del fatto che i personaggi siano freaks con moncherini o con mani senza dita? I casi sono due: o i non vedenti hanno perversioni che neppure m’immaginavo, oppure devo seriamente rivedere tutte le mie concezioni inerenti il nudo.

5 – Fahrenheit 451
Stranamente, un episodio che è rimasto fuori da tutti i resoconti di fine anno. Eppure è innegabile l’impatto che queste foto hanno avuto su un certo immaginario nordestico (e purtroppo anche su quello di tutti gli altri).

4 - Ecchime qua
Ehi presto ci son dei poveri sfigati da prendere in giro! Correte! Una galleria degna di Paperissima, manca solo Jerry Scotti che fa la voce over da terrunciello.

giovedì 30 dicembre 2010

Distinta Sanjuro - Le cinque querelle letterarie italiane del 2010

e che il Baretti abbia pietà di noi

di Gualtiero Bertoldi

5 – Partiamo con una baruffa di cortile, uno scambio di commenti e post non richiesti fra il nostro intellettuale da salotto Ikea preferito (il salotto Ikea, non l’intellettuale) Matteo Bordone, e il sempre vigile (davvero, mai che se ne perda una, quando qualcuno parla di lui in un qualsivoglia luogo eccolo che fa la sua comparsa a rintuzzare commento su commento (c’avrà qualcosa tipo il senso di ragno)) Tiziano Scarpa. La materia del contendere non è interessante (la solita solfa sul come e cosa uno scrittore dovrebbe scrivere), quanto la dialettica che si sviluppa fra i due. Di quale tipo sia, lascio a voi decidere.

4 - Saviano. Basta la parola. Gli studenti protestano? Lui scrive una lettera a Repubblica. Il Dal Lago lo blandisce? La Janeczek ci tira fuori il solito brodo allungato. Max fa la porcata editoriale? Il web si scatena. C'è il problema di coscienza nel pubblicare per Mondadori? Apriti cielo. Sono oramai un paio d'anni che non si muove foglia senza che non venga tirato in mezzo (o decida lui sua sponte di intervenire) Saviano. Fra qualche altro anno verrà probabilmente ricordato come il lady Gaga dell'agone letterario italiano.

3 - È stata la Grande Polemica dell'Estate: il ruolo dell'intellettuale italiano nella società e nell'industria culturale italiana (qui un esempio, ma se andate sugli archivi di luglio e agosto di Stilos o Nazione Indiana trovate anche altri interventi). L'estate a cui mi riferisco è quella del 1977, ovviamente.

2 - Gli under 40. Altro argomento di un'acutezza spaventosa, imposto da quegli artisti del trollaggio critico-letterario a nome Archibugi e Cortellessa. La raccolta completa di link a riguardo la trovate sul sempre valido Zarizin (è un blog che cambia spesso nome ma non indirizzo); qui, a voler fare una superstringa di tutta la pappardella in questione, viene fuori qualcosa del genere – cosa deve fare uno scrittore under 40 italiano, o uno scrittore italiano in generale, per essere considerato bravo, ma bravo davvero? Presto detto: bisogna trovare una propria voce; bisogna trovare una propria idea; bisogna analizzare il proprio periodo storico; bisogna trascendere il proprio tempo; bisogna partire da qua; bisogna partire da là; bisogna leggere gli ammeregani; bisogna leggere gli italiani di una volta; bisogna leggere gli italiani contemporanei del futuro; bisogna schifare il successo; bisogna affrontare il sistema mediatico; bisogna pubblicare di meno; ma anche no; in Francia stan messi meglio e non si fanno pippe; macché, in Europa stanno messi con le pezze al culo come noi; il mercato è cattivo; il mercato non è poi così cattivo; non ci son più gli scrittori di una volta: meno male; non ci son più gli scrittori di una volta: che amarezza; il problema vero è la critica; il problema vero è la forma romanzo; il romanzo è morto [no, sul serio, son riusciti a scriverlo ancora]; è tutta una cricca!; è tutta una noia!; è tutto un schifo!; vi siete dimenticati di Ciccio Pasticcio, vergogna; vi siete dimenticati di Lello Vitello, vergogna; no, vergognati tu; no, vergogna tu; vergogna; vergogna.

1 - Al primo posto non poteva che esserci il consueto pterodattilo nello sgabuzzino italiano, ovvero il dilaniante dilemma "pubblicare o no per Abberluscone?" riportato alla ribalta da una riflessione di Vito Mancuso. Fra premesse personali, sedute di autocoscienza, note a margine, alzate di scudi, rigiri di accuse, distinguo e proclami, il tutto s'è risolto nell’ennesima occasione nella quale s’è scritto e s’è straparlato sostanzialmente di se stessi, di quello che s’è fatto-detto-vissuto-lottato-conquistato-contraddizionato-liberato-etceterato, e non di un qualche metodo o sistema per seppellire il sempre presente pterodattilo.


**bonus track**
il dialogo monologante (o il monologo dialogico, fate voi) fra Lucio Angelini e Marco Candida a riguardo della pubblicazione di quest'ultimo sul tomo Best European Fiction (qui, qui e qui, in ordine cronologico) non sarà stato molto rilevante a livello generale, ma ha assicurato dei buoni quarti d'ora di esuberanza e gaiezza

mercoledì 29 dicembre 2010

Distinta Sanjuro - Sette motivi per cui alla fine di questo anno non propriamente funzionale ho cominciato praticamente per la prima volta in vita mia a leggere libri di merda italiani contemporanei

e molto ha ddà’vvenì

de Il Vostro

7 – perché temo il dolore fisico ed il ricorso al personale medico tantissimo; e una volta per esempio mi doleva un dente in maniera lancinante, e altro non ho trovato di meglio da fare, per tentare di ignorare il dolore, che provocarmene uno diverso, di intensità maggiore ma di piano differente; e ho cominciato nello stesso pomeriggio due libri di un mio per-me famigerato concittadino.

6 - perché capita alle volte in questa città del nord-est-che-produce di bere troppo: e quando sei nell’etilemìa ti càpita di combinare cose – od iniziare a combinarle – che se fossi sobrio, invece, bene ti guarderesti dal, eccetera.

5 – ah, sì: perché nella boria portentosa che ogni tanto avrei in animo d’esprimere con più impulso, mi piace vellicare il Senso di Raggiungimento e dirmi che sì, ho fatto bene – benissimo – a lavorare testardo e pignolo e silenzioso e autoflagellante ad uno stile - il mio - di scrittura: il quale è sagomato a colpi di martello vigorosi contro le pareti dello stampo del come-lo-voglio-io.

4 – perché una qualche sfumatura della coscienza mi dice Il dibattito contemporaneo come puoi stargli fuori eccetera.

4bis – perché i compari mi provocano su Il dibattito contemporaneo come puoi stargli fuori eccetera; e io non riesco ohimè a ignorare una provocazione a mio danno.

3 - know your enemy, o qualcosa del genere.

2 – perché devo capire, devo capire, devo capire.

1 – perché il mio primo animale domestico, un adorabile cucciolo di setter, un giorno stranamente freddo di un crudelissimo aprile di più di venticinque anni fa correndo dietro a’un gatto randagio si lanciò d’improvviso sulla strada, dove venne travolto e ucciso da un furgonato che trasportava libri dell’Einaudi Stile Libero, di Mondadori Strade Blu e della Sironi.

0 – perché nascostamente la nostra Anima sempre spera, e brama, d’incrociare in fine, lungo questo cammino terreno, l’Oggetto che abbia a redimere i nostri pregiudizi.

-1 – in realtà, e per fortuna, in questo ambito almeno, i miei pregiudizi pressoché sempre vengono, pare, confermati.

martedì 28 dicembre 2010

A ognuno la sua croce

























ché a Natale qualcuno si deve pur sacrificare (sì, siam tornati, più lipidici che mai) (qui l'indimenticata performance video della babsi jones jones babsi inerente il libro di cui sopra) (il tutto si tratta di una sapida anticipazione di una altrettanto sapida e nuova rubrica di Sanjuro: Squalo Pinguino! Dal prossimo mese su questo blog)

venerdì 24 dicembre 2010

Le buone feste

Sanjuro si prende qualche giorno di pausa, come tutti voi, e torna il 28 dicembre con alcune sorprese di fine anno. Nel frattempo, una speciale cartolina di auguri per tutti i nostri lettori (e se non sapete che regalo fare, date un occhio alla strenna critica)

giovedì 23 dicembre 2010

Critica ignorante - Strenna critica!

di Gualtiero Bertoldi

La rubrica giusta per chi oddio, è già il 23 dicembre e non ho comprato un regalo per chicchessia, e sa che la risposta, fra una mestolata di ponce e una tazza di zabov, alle domande “ora come faccio? dove vado? cosa compro?” è: un libro!, ma ancora non ha deciso, a caso, con che libro esattamente fare brutta figura.
Critica ignorante! Il modo migliore per donare un regalo sgradito e chiudere finalmente i ponti con quei parenti che si vedono una volta l’anno.

mercoledì 22 dicembre 2010

Brian Eno metarecensisce se medesimo (male)



Brian Peter George St. John le Baptiste de la Salle Eno, meglio noto come Brian Eno, è senza dubbio il più significativo musicista del Novecento. Tra centinaia di anni verrà ricordato e celebrato come uno dei migliori compositori di sempre al pari di Mozart e Beethoven. L’avere avuto a che fare in poco meno di quindici anni (tra i primi ‘70 e la metà degli ’80) con un innumerevole campionario di generi musicali (dal pop al rock, dalla musica elettronica all’avanguardia, dal minimalismo al funkadelistico massimalismo di Talkingheadsiano ricordo) generando ogni volta straordinari capolavori e riuscendo, se non bastasse, ad inventare sotto-generi, quali l’ambient ed altre nuove forme musicali entrate nel vocabolario comune a tutti gli utilizzatori, compositori e non, che abbisognano di riempire i propri spazi con musiche al tempo stesso ascoltabili e di qualità, lo pone certamente allo stesso livello di Maurice Ravel, se non più in alto. Anzi, personalmente opterei per la seconda possibilità se non fosse che l’invidia personale nei confronti di tutte le celebrità viventi m’impedisce di esprimere il giusto riconoscimento delle loro qualità. Detto questo, veniamo all’oggi. Dall’ultimo contributo realmente significativo elargito da costui alla musica dei nostri tempi, ovvero sia alla produzione  dei primi dischi di successo degli U2, sono trascorsi almeno 20-25 anni. Capirete quindi come intorno a lui si sia sviluppata un’area di sfiducia giustificata, di passatista convinzione secondo cui il genio si sia ormai esaurito per sempre. Eh già, perché i segnali di una decadenza sono tutti lì, evidenti, nei suoi infelici tentativi, eretti sulla punta ondeggiante della scontatezza, di esprimersi a tutti i costi in modo creativo. Un’ arte palmare quella di Eno, quasi da smart phone. Scegli un’app predefinita, ma che, cristo, fa fico solo per chi non ha mai conosciuto una qualsiasi fanzine sotterranea, ed ecco confezionata una musica, un audiovisivo, una pittura che originale vuole essere ma poi fallisce come ogni malcapitato oggetto artistico difronte alla portata dei suoi predecessori.

martedì 21 dicembre 2010

Di costi e benefìci dell'oreficeria attuale


Il dodici novembre scorso, approfittando d'un impegno in Vicenza-città, sono riuscito a infilare tra le pieghe del pomeriggio un giro ad-acquisti dal mio fornitore-di-attrezzatura-per-orafi di fiducia. Mi servivano due tre cose: qualche fresa a palla, una borsella: piccolezze così.
Ho comprato: una lima ad ago mezzatonda a taglio due; una borsella; una borsella a fuoco a becchi ricurvi; sei punte a spazzolino di diversa forma, per il trapano a frusta; un tenagliolo a becchi tondi; una spina esagonale - era scontatissima, e quando la ritrovi? [la spina esagonale serve per sagomare cose, perlappunto, esagonali]; una verga da un etto e mezzo di stagno, ché la mamma ha visto in internet un bracciale, alcuni elementi del quale erano in bronzo - e ne vuole uno simile; tre mattonelle di carbone naturale; una semimaschera facciale a due filtri per polveri, particolato e vapori: perché io valgo; e infine, finalmente: una scatola di frese a palla da un millimetro e otto di diametro - ci sono cinque frese in ogni scatola: poi una scatola da zero virgola otto, una da uno, e una da uno virgola due.
Per tutte queste cose ho speso circa centovent'otto euro: con iva, centocinquantatrè. L'iva si perderà pe'i meandri fiscali del Regno, inscaricata, dato che io sarò sì, popolo delle partite iva: ma sto in altra, bén altra categoria.
Così sono lì che aspetto che l'impiegato alla cassa finisca quello che sta facendo, e si metta a transazionare con me; e intanto tedio il commesso chiedendo informazioni bizzarre, o sovradimensionate: ed a un certo punto gli faccio: E un laminatoio a motore da banco, usato: ce l'hai?
- Chiedi a lui, mi fa.
Lui è un omone che sta già sfogliando la galleria di foto del cellulare, e non dice niente finché non riesce a mettermelo sotto al naso.
- Questo. Bel-li-ssi-mo.
- Ma è un'enormità! Non è da ban-
- Da banco non li trovi. Fidati di me: io tratto macchine usate. Quanto vuoi spendere?
Mah: mill-
Questo. Sìssì. Gli metti apposto i rulli, fai un po' di manutenzione, e sei apposto. I rulli con milleduecento te la cavi. La macchina... beh, altri duemila. Tremila, in tutto. Hai la due-e-venti o la tre-e-ottanta?
La due-e-
Perfetto. Questo va a tre-e-ottanta, ma non importa.
Non importa. Mi sposto di nuovo verso la cassa. Do' il bancomat all'impiegato. Pago. Dietro di me l'omone continua a parlare col commesso: E comunque oggi altri trenta, hanno chiuso. Mi va via una settimana, per ritirare tutte le macchine. Trenta laboratori orafi. Solo qui in provincia. Ma Arezzo è peggio: Arezzo è in ginocchio: una carneficina. [una pausa] Ah: e ha chiuso P***. Adesso non c'è più nessuno che fa modifiche meccaniche. Se avete laminatoi da rifare i rulli, sono cazzi vostri!
Torno verso il bancone; prendo il sacchetto con le mie cose, saluto, e mi incammino verso l'uscita. L'omone mi fa - sta sempre scrollando la galleria di foto: E un buratto. Un buratto ti serve. Questo è perfetto, per te. Va con la tre-e-ottanta anche questo! Ti faccio cinquemila laminatoio e buratto, che ne di-

Non ne dico niente, ma cinquemila euro sono fuori budget, se rapportati alla mia produzione artigiana attuale: la quale assomma a qualche collana, o bracciale, o coppia d'orecchini per la mamma, le amiche, o le ragazze da concupire.

lunedì 20 dicembre 2010

MicroCarver - 2

di Dante Cruciani

Il riscaldamento era in blocco
La casa era silenziosa. Un'unica luce proveniva dal fondo del corridoio. Le stanze erano fredde. Si sentiva un cigolio.

Schiaffi, polvere, geometria
Quando sua moglie lo schiaffeggiava, Ettore rimaneva in silenzio. La rabbia che sentiva ribollirgli in pancia in quei momenti sembrava senza controllo. Per distrarsi pensava a Lobacevskij, al quinto assioma della geometria euclidea.

Senti anche tu questo odore?
Uscirono per prendere un po' d'aria. C'era nebbia e della campagna circostante non si vedeva nulla. “Senti anche tu questo odore?” disse lui. “La nebbia?” disse lei. “Aglio” rispose lui. Lei lo guardò, come se fosse stata colpa sua.

È per questo che ci siamo lasciati
Ero davanti alla porta e non avevo il coraggio. Mi aveva invitato lei, dopo che non ci sentivamo da mesi, ma non avevo il coraggio. Decisi allora di entrare dalla finestra. Quando mi vide urlò, poi disse: è per questo che ci siamo lasciati. La polizia, chiamata dalla vicina ottantenne, arrivò poco dopo. Il poliziotto mi guardò.

Vuoi dirmi che non eri tu?
Erano giorni leggeri, era un'aria sottile, il cuore quasi esplodeva. Francesco andò a pescare anguille nel fosso vicino a casa. Nel primo pomeriggio un cinese gli si sedette accanto, in quel modo che hanno i cinesi di stare seduti senza sedia. “Ieri ti ho sognato” disse il cinese, guardando da un'altra parte. “Tu e le tue anguille”. Francesco sentì un brivido.

Dai dove sono le forbici?
- Dove sono le forbici?
- Nel culo.
- Dai, dove sono le forbici?
- Te l'ho detto.
Michele resistette per qualche minuto, poi si guardò allo specchio.

Ce n'è solo uno per paio
- Non trovo i calzini
- Sono qua, non li vedi?
- Ce n'è solo uno per paio.
- Come uno? Non vedi che sono tutti?
Michele sentì imporvvisamente di aver perso l'uso dei numeri pari.

Loro non sono bidelli
Ci sono bidelli e bidelli, pensava Ettore. Quelli che diventano amici degli studenti, gli vendono i cracker e passano le fotocopie dei compiti in classe, e poi ci sono quelli come me. Pasta d'acciughe.

Anche loro avevano dei sassi in mano
Appena lui si girò, lei gli lanciò un sasso in testa, senza un vero perché. Era un sasso appuntito della grandezza di un piccolo pugno. Le due bambine si nascosero dietro le sue gambe. Anche loro avevano dei sassi in mano. Lei non fece nulla per nascondere il gesto. Lui la guardò. Si allontanò senza dire nulla, camminando all'indietro sull'argine. In qualche modo, sapeva di aver torto. Il campanile suonò le ore.

Quando ti trovi un lavoro vero?
Gli erano sempre piaciuti i funerali, ma odiava dover incontrare i parenti. “Allora quando ti trovi un lavoro vero?” gli chiedevano con quel sorrisino, come se allenarsi per le olimpiadi di videogiochi non fosse un'attività degna. Non avevano rispetto? Sua madre era stata letteralmente mangiata da un enorme pacman di metallo mentre faceva il tifo. Ma lui riusciva a vederli per quello che erano in realtà, tutti, tutti i parenti: un inseme di ossa e pixel, proiettati in bassa risoluzione.

(continua)

sabato 18 dicembre 2010

Crisi! - Sient'a mme Saviano

di Gualtiero Bertoldi




 (i testi di tutti i Sient'a mme Saviano sono liberamente tratti da questa lettera e da questi interventi. Per una risposta più seria, è interessante la lettera di Paolo La Valle su Il Primo Amore)

aggiornamento del 20/12/2010: era inevitabile - il Sient'a mme Saviano meme generator. Crea anche tu il tuo Saviano paladino della sobrietà manifestante.

giovedì 16 dicembre 2010

Crisi! - Beate le partite iva, perché erediteranno la terra

de Il Vostro

Beati i miti perché erediteranno la terra, riportava Marco, cinque punto cinque; e i miti siamo noi partite iva, e l’evangelista riportava con quella che a posteriori pare leggerezza, o naiveté insopportabile: che a' tempi del redentore non v'èran F24 da compilare; non c'era l'iva a tentarti con la sua presenza bancaria cospicua, e spendibile, dalle petrosità deserteggianti del tuo conto - con lingua bifida di serpente, curve sinuose di donna, scontrino facile: per poi esser reclamata con timing spietato dal meccanismo delle cose fiscale; e soprattutto non c'era un ente previdenziale decadente che ogni fine di novembre si materializzava a tocchicchiarti nelle tasche con i suoi orifizi chitinosi di sanguisuga, per svellerti un terrificante anticipo - processo orrido sempre, questo: ma soprattutto orrido alla fine del tuo primo anno di partita iva: e dal di fuori non si può capire, no, lo strazio; e l'allegoria sei tu che con il certificato d'attribuzione di p.i. fresco di emissione, le marche da bollo ancora odorose di tabaccheria - con questo certificato dentro una cartellina con l’elastico tenuta sottobraccio, in allegoria tu corri saltabeccando attraverso una libertà di prati verdi dall'erba folta e fiori, fiori variati e coloratissimi: come in quella foto di bambina di sei otto anni che corre in un prato dall'erba folta e fiori, fiori variati e coloratissimi - e la bambina nello scatto ha una gamba sollevata e qualche buontempone dell'internet ha sovraimposto alla foto la scritta FOTTETEVI, FIORI: cosa si prova a essere calciati in faccia?, che fa riderissimo, ma in-qualche-modo anche rende bene un certo impromptu d’umore. E insomma l'allegoria sei tu lì che corri di questa libertà lavorativa il tuo primo anno di partita iva, e ogni giorno è una sorpresa mirifica e golosa: e un giorno puoi stabilire delle tariffe, e il giorno dopo ti stai ingolfando in una trattoria a menu fisso per operai, ché puoi far fattura; e i giorni seguenti starai comprando beni strumentali e i giorni seguenti ancora durante i semafori rossi più lunghi compilerai in maniera creativa la carta carburante. Poi d'improvviso è il trenta undici, e l'ente previdenziale decadente e l'anticipo di fine novembre hanno su di te l'impatto di una motta fangosa che si apre nel prato verde dall'erba folta e dai fiori eccetera, e dentro la motta c'è un segugio feroce magro stecchito e dai tratti demoniaci che sta montando da tergo tua madre, e a lei piace; e l'aria è satura di un vecchio successo dei Right Said Fred; e lo shock è quasi definitivo.

mercoledì 15 dicembre 2010

Crisi! - Ogni volta

di Austino Attizzo

Crisi! - Non si possono mica raccontare tutte le crisi

di Als

C’era una volta una crisi, una delle tante crisi, non si possono mica raccontare tutte le crisi, si finirebbe per girare in tondo nel racconto delle crisi senza inizio e senza fine, e non si farebbe più niente.
Questa crisi ha la forma di una torta, tonda, che quando la vai per tagliare il coltello si curva a seguire la tondità della torta, e non c’è spiegazione scientifica, non c’è fisica che tenga: a guardarla dovrebbe essere una torta buona, ad annusarla sembrerebbe di sentire aroma di vaniglia - ma poi no, è cioccolato, forse anice, certamente cannella. Dopo un po’ sembra invece limone, no, caffè, aspetta, sottobosco d’amaretti, frammenti di meteoriti, materia oscura... mal di testa.
La tondità ti impedisce di afferrarla, scivola, rotola, ti insegue, si dilegua, apri la porta ed è lì che ti aspetta, fedele, non ce l’ha mica con te, è che non ha un posto fisso, capita così, dopo un po’ diventa di famiglia, ti rompe le scatole ma tu le vuoi anche bene, e poi se un giorno non c’è più che fai?
Questa cosa diventata ormai tua è nei tuoi pensieri, ci ragioni su, e d’improvviso, che te lo aspetti o meno, la crisi ti chiede di diventare quadrata.
L’unica soluzione è far emergere il quadrato inscritto nel cerchio, e preso allora il coltello, che non si curva più, o almeno sembra che non lo faccia, la crisi si lascia tagliare. Ora hai questo bel quadrato fisso e fermo, e quattro mezze lune abortite, quindi adesso il quadrato si riesce a mangiare, ma le mezze lune scartine si potranno buttare nell’umido?

martedì 14 dicembre 2010

Crisi! - Storia Recente della Crisi Italiana (in sette pseudo-haiku)

di Gualtiero Bertoldi


1
nuvole in viaggio
nel bagaglio leggero
ventennio euforico

2
stai in campana
il cavaliere sorride
si gonfia il pacco

3
raggiunse il retro
la checca pompinara
drammaturgico

4
colpo di scena
fornicheremo tutti
dopo la televendita

5
carabinieri
uccidere la noia
chi lo appoggia?

6
colpire forte
l'aria condizionata
rete di rugiada

7
mi sveglio tardi
hai quello che hai
voglio vivere

lunedì 13 dicembre 2010

Crisi! - Il caratterista di pietra

di Dante Cruciani

[nota della redazione: dopo Fango, ecco la nuova Istantanea di Sanjuro: sette testi dedicati alla Crisi!]

Ombre schincheniche solcano l’arancio pallido del tramonto, con i gomiti lontani dal corpo e i ginocchi allungati; attraversano i corridoi dell'ufficio, dagli ascensori alle Ande. Uno dopo l'altro, si spengono i neon negli open space. Resta il lucore dei monitor, lo sforzo incessante delle fotocopiatrici e l’orrore della polvere che spiove a ogni respiro dalle cime degli armadietti. Nel silenzio, l'asma bronchiale del riscaldamento invade l'ambiente - o è il fischio del vento che si imbùta tra gli infissi e ulula? Nel bagno al sesto piano, quattro ingegneri tubercolotici in sedia a rotelle bevono il thé in bicchierini di plastica, e osservano il bassorilievo nitidissimo del Monte Rosa, in lontananza, tra le Prealpi. “E anche questo,” sbuffa il primo, mentre balugina un calzino bianco, “è stato uno dei luoghi ridicoli della terra”.

Sanjuro Istantanea - 1: Fango

Carissimi/e lettori/rici di Sanjuro, ci pregiamo con la presente di offrirvi il primo pdf di Sanjuro, curato dal Vostro con un piccolo aiuto da parte della Redazione, nel quale potrete trovare tutti gli interventi dedicati al fango dello scorso mese.
Diamo così il via a Sanjuro Istantanea - una collana di pubblicazioni periodiche nelle quali raccoglieremo ripuliti e tipograficamente migliorati i testi di volta in volta prodotti in occasione delle Istantanee sanjuresche. Vi auguriamo buona lettura, e vi rimandiamo a questo pomeriggio per il primo post dell'Istantanea di dicembre: Crisi!

scarica il pdf "Sanjuro Istantanea - 1: Fango"
leggilo on-line, con tanto di sonoro, su issu.com "Sanjuro Istantanea - 1: Fango" (la nostra pagina su issu)

venerdì 10 dicembre 2010

Rassegnazione stampa


[nota della redazione: riprende con questo post l’apparato all’incirca-critico di Sanjuro, costituito dalle rassegnazioni stampa e dalle varie critiche. Le rubriche gestite nella precedente versione del blog da Samuele Parlato saranno qui prese in carico da Gualtiero Bertoldi. Che insomma, ci siam capiti, no?]

Ovvero il web letterario italiano per chi il ponte dell’immacolata vuole passarlo in montagna a sciare ciucco di vin brulè, invece che a sciropparsi i canederli rimestati delle migliori menti della nazione.

mercoledì 8 dicembre 2010

Well done, you have saved camelkind!


Voi dite che è nostalgia, ma non è nostalgia, la nostalgia è una cosa orrenda, è un inceppo nella memoria, un'ammissione di tristezza, uno stento, il fiato che si mozza. Ascoltate: la pirateria è nata nelle edicole. Voi, emissari delle corporation, andate a lamentarvi dal giornalaio che ci vendeva videogiochi copiati invece dei giornali porno. E non venite a raccontarci di come erano splendidi gli anni ottanta, quando c'erano i socialisti, quando si regalavano le automobili per Natale. Anch'io ho visto Top Gun più volte. Lo so cosa sono gli anni ottanta: gli anni ottanta sono i pomeriggi passati davanti allo schermo  ad aspettare che finissero i fischi del caricamento; sono le radiazioni,  i foglietti con il numero di giri del registratore, la sbregatura dei joystick... Ascoltate il lamento dei Cammelli Estinti, i loro pixel si sono sfrangiati nel progresso, le loro voci risuonano solo nel potenziale degli emulatori...

Voi pensate che sto blaterando, ma la cassetta gialla che conteneva 16 giochi, tra cui una versione squadrata di Wonderboy*, voi la ricordate, anche solo per inconscio collettivo... Ascoltate: si racconta, in certi forum ignoti ai più, sul limitare esterno dell'internet, di programmatori mitologici, intenti ad inventare giochi rivoluzionari, storie più avvincenti, sistemi di controllo più intuitivi. E di altri, costretti a inseguire, di notte, spinti da un'immaginazione grossolana, resa selvaggia dalle ore di compilazione.

Voi dovete immaginare la scena di questo programmatore, di questa povera creatura molle alle prese con un arcade a scorrimento orizzontale. Dovete vederlo mentre cerca un concetto che non sia la solita astronave, mentre pensa che, per essere originale, il concetto debba essere qualcosa che nessuno aveva mai sognato prima: non avevano avuto fortuna anche i giochi con gli idraulici? Idraulici che sconfiggevano tartarughe a testate? Ascoltatemi: così sono nati i Cammelli Estinti. Cammelli che occupavano un quarto dello schermo, arrivati dallo spazio; cammelli che con lo sputo distruggevano i nemici, una scatarrata gialla dai contorni frattalici. Cammelli volanti, su e giù, senza ali. Sullo sfondo, piramidi, talvolta il profilo di una sfinge. Cammelli alla ricerca di un bene semplice, una vita egizia e armoniosa, ma condannati a una morte immediata a causa della mole tragica.

Voi dovete visualizzare un videogioco ambizioso, travestito da scherzo; oppure un passatempo coi contorni dell'Opera Minore**; pieno di magagne, di incoerenze, programmato male; farcito di citazioni che si vorrebbero pregne: Pong, il capostipite, l'esempio di creatività fluida e irraggiungibile; il topos delle fortificazioni di Space Invaders rivisto con l'occhio delle conoscenze fisiche contemporanee; e Pacman, angosciato dai fantasmi, figura del programmatore... (Ma lo sentite l'autore? Lo sentite che si agita tra i bit e teorizza? Teorizza su tutto? Sulla programmazione? Sull’esperienza ludica? Sulla filosofia dei videogame? Sull’esoterismo dello scrolling? Sull’epica dei pixel? E in questo modo prova a rendersi inattaccabile? E lì, con quell’ombra di baffi, si lamenta di come le case di produzione non riescano a star dietro alla sua velocità? Lo sentite?)

lunedì 6 dicembre 2010

Apposta sulle poste - Step 4


Era notte, quella notte.
Una di quelle sordide e promiscue. Una promessa di piacere frammisto a senso di colpa. Accantonai quest’ultimo e protesi il mio ego,  non solo quello, verso nudità altrui. Tra i sospiri e le ombre giungevano distanti i crepitii dell’inverno, mentre noi giacevamo. Al sicuro, tra  pareti gialline  e scomposti, tra collinette di lenzuola arrotolate.
Era stato un incontro, il nostro, un incontro... idiota e furtivo. E non riuscivo, nemmeno allora, a spiegarmi  questa intimità che ci spingeva ad incontrarci, di nuovo, in ogni nostra parte corporea, nel tentativo di conoscere tutto, di assaporare tutto, di penetrare tutto...
Penetrare, appunto.
Fu proprio lì, quando la tensione, ai limiti del sopportabile, mi portava a richiedere l’apice conclusivo. Fu proprio lì, quando ogni previo tentativo di compostezza aveva ceduto il passo a sfrenata golosità amorosa. Fu proprio lì,  quando tutto era ormai fuoco dentro e ovunque ,ch’egli  sussurrò, tenero, all’orecchio:  "Hai pagato il bollettino postale?"
Non capii, ancora stordita e soprattutto travolta dall’inappagamento, e  risposi, a sillabe impastate: "Il bollettino...? Quale bollettino?"
Si alzò abbandonandomi alla fredda solitudine. Si rivestì con abiti che non ricordavo avesse tolto. Lo pensavo arrivato già nudo. Lo pensavo ancora nudo e il pensiero mi vibrava nel corpo come a cancellare gli ultimi istanti di sgomento.
Chiesi:
"Scusa Peppino…non sarai mica di Siracusa, tu?"
Uno sguardo soltanto, verso me ancora imperlata di vago sudore, e nessuna risposta. Poi una  porta chiusa. Dietro alle sue spalle.
Tentai di placare il prolasso emotivo che mi spingeva alle lacrime, invano.
Però.
Sul comodino, accanto all’involucro vuoto del profilattico, una sim Postemobile. NUOVA!

Vi odio tutti maledetti postali.
Maledetti.

venerdì 3 dicembre 2010

Precariato cognitivo: primi passi a sondare la questione



Il mio attuale, principale datore di lavoro - essendo io afferente al popolo delle partite iva, e potendo vantare quindi più datori di lavoro contemporanei [non fosse così, l'Agenzia delle Entrate, e susseguentemente il mio commercialista, se ne avrebbero a male] - il mio attuale-principale datore di lavoro, dicevo, circonfonde lo spazio a sé circostante di sostanze gastritopoietiche: trascina con sé dentro gli ambienti lavorativi un microclima di battutacce, frecciatine, violenza verbale e umiliazione di davvero complicata gestione; e mentre sei lì che tenti di assorbirne gli urti – più crudeli in quanto, spesso, immotivati - subito arriva una specie di risarcimento beffardo, di repentino cambio di temperatura: generato – il cambiamento – da dichiarazioni d'una falsità sorda, e disorientanti: Ma lo si fa per scherzare, eh. Ma tra amici, ce le possiamo dire queste cose, no? Cose del genere.
Frattanto, nello stomaco, le sguiscide pareti della tonaca mucosa si maculano delle efflorescenze della gastrite...

Mi si è messo davanti gli occhi, qualche giorno fa, questo: un articolo piuttosto pressante su precariato cognitivo, derive sociali, schizofrenia de’ tempi nostri e àtri eccetera. Sono in treno, quando lo leggo: sto tornando da Roma, dal corso propedeutico di materia d'Arte che seguo presso un blasonato importantissimo istituto statale di coniazione delle monete. Sono partito da Padova alle 00:45 della mattina stessa con un IC-notte senza riscaldamento, i corridoi infestati da voci partenopee aggressive e improvvise. Piove; mangio biscotti spugnosi dal filling all’arancia*. Da qualche parte tra i commenti all’articolo leggo, a’un certo punto:

io dipendente, ho maggiori possibilità di scegliere ed eventualmente di diversificare negli anni la mia attività lavorativa, e non necessariamente all’interno dell’azienda presso cui attualmente lavoro. Il datore di lavoro sa che è esposto al rischio di perdere quella risorsa specializzata [cioè “io”, nd Il Vostro], per la quale ha investito tempo e denaro. In altre parole: datore e dipendente hanno una certa “forza di ricatto” l’uno sull’altro (al di là degli eventuali rapporti di stima e fiducia che si instaurano) e questo può avere una serie di positive ricadute.

Una serie di positive ricadute, sì: od’un disvelarsi improvviso – via il telo! – de’ maccanismi più intimi del rapporto datore di lavoro barra giovane professionista del popolo delle partita iva: maccanismi presto disegnati, in cinque semplici e leggerissimi movimenti monologici e, o, dialogici.

Primo movimento: martellante con brio.
Quattro frasi violente che punteggiavano la mia giornata lavorativa, prima.

1. e sbrigati.
2. allora? Mi fai vedere qualcosa di fatto, sì o no?
3. è meglio che controlli io, ché tu non capisci un cazzo.
4. è inutile che provi a farlo da solo, ché da solo non ce la puoi fare.

Secondo movimento: scherzo.
A pronunziarsi en passant alle spalle del giovane professionista, mentre questi lavora.

1. […] dai che così andiamo avanti… se lui si sbriga.
2. potremmo consegnare in tempo, se lui non pensasse sempre all'Arte.
3. potremmo consegnare in tempo, se lui non pensasse sempre alla figa.
4. dai, smettila di pensare alla figa, e datti un po' da fare.

Terzo movimento: rivelazione.

giovane professionista: vi annuncio che seguirò l'Arte: e per due giorni alla settimana non sarò disponibile.

Quarto movimento: venti minuti consecutivi di silenzio.
Non è una interpretazione di John Cage.

Datore di Lavoro: ...

Quinto movimento: disvelarsi, in forma di pizzicato.

1. certo che sei diventato proprio bravo.
2. ma che bel lavoro che hai fatto.
3. sono davvero dispiaciuto, che tu abbia questo impegno, perché sei davvero eccetera.

* fottuti discount d’origine tedesca.